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Il podcast amatoriale di storia

La rivolta giacobita del 1745 – prima parte

Charles Stuart, erede dell’ex-casa regnante inglese, parte alla volta della Scozia per tentare di recuperare il trono appartenuto alla sua famiglia.

In questa puntata  e almeno anche per la prossima ci occuperemo della Rivolta Giacobita del 1745-46 che ebbe luogo in Scozia.

Capo della rivolta fu Charles Stuart, erede dell’ex casa regnante inglese che si mise alla testa dei clan che appoggiarono la sua causa per scacciare gli Hannover che si erano insediati sul trono britannico.

Più damerino  che soldato, mal avvezzo alla vita sui campi di battaglia e per nulla addestrato nell’arte militare, Charles decise comunque di intraprendere questa battaglia in nome del diritto divino che gli dava, a suo parere, il diritto di pretendere indietro la corona, trascinando con sé numerosi clan che decisero di appoggiare la sua causa.

I clan si mossero al suo fianco perché spinti da motivi religiosi o politici: la Scozia, relegata in un angolo dall’Atto di Unione del 1707, vedeva in lui una possibilità non solo di riscatto, ma anche di vivere in libertà la propria fede, per alcuni, e di riprendere il proprio potere, per altri. O entrambe le cose.

La rivolta giacobita, cominciata sotto i migliori auspici, fu presto inficiata da problemi di varia natura: la difficoltà di tenere insieme i clan, l’incapacità di Charles di far fronte ai vari problemi connessi a una rivolta, le vane promesse della Francia e, non ultimo, l’enorme esercito britannico che stava tornando in patria per difendere la corona dall’invasore scozzese.

L’isola in cui approda Charles Stuart non è Eriksay, ma  Eriskay, mi scuso dell’errore.


Il podcast “Storia d’Italia” che abbiamo segnalato all’inizio della puntata si può trovare su PodBean a questo indirizzo: https://storiaitalia.podbean.com/

Oppure potete visitare la pagina facebook: https://www.facebook.com/italiastoria

Esiste anche la versione dei testi sotto forma di blog, per chi preferisce leggere piuttosto che ascoltare: https://italiastoria.wordpress.com/


Fonti bibliografiche:
  • “Scottish Culture and Tradition” di Milne N.C. Paragon Publishing 2010
  • “The Jacobite Rebellion 1745-46” di Fremont Gregory, Osprey 2011
  • “Revolution: The Great Crisis of the  British Monarchy: 1685-1720” di Tim Harris, Penguin 2007
Musiche di sottofondo usate per la puntata:

Entrambi i brani sono sotto licenza Creative Commons e quindi liberamente ascoltabili e scaricabili.

Immagine di copertina:

Prince Charles on the battlefield” di Marshall, H. E. (Henrietta Elizabeth), b. 1876. Tratto da “Scotland’s story: a history of Scotland for boys and girls by Marshall”, H. E. (Henrietta Eliza).

Fonte: Wikimedia Commons.

Ai margini della brughiera: la famiglia Brontë

Le sorelle più famose della letteratura inglese, vissute ai margini di una brughiera eppure in grado di dare vita ad opere straordinarie.

Nate in una famiglia non ricca, destinate ad un futuro da istitutrici, con poca possibilità di matrimonio, seppero fronteggiare le tragedie e le difficoltà ritirandosi in un mondo immaginario assai ricco e prolifico e facendo, infine, di esso il loro metodo di sussistenza. Acton, Ellis e Currer Bell fecero infatti parlare parecchio e ancor di più si parlò quando si seppe che dietro di loro si celavano Anne, Emily e Charlotte. Sopratutto quest’ultima dovette sopportare lutti che avrebbero piegato un animo meno forte: la madre, quattro sorelle e un fratello e l’amata zia; eppure sopravvisse e visse anche in nome di coloro che l’avevano lasciata.

Il reverendo Patrick Brontë sopravvisse alla morte di tutti i suoi figli, inclusa Charlotte, e della moglie, morendo qualche anno dopo quasi del tutto cieco, assistito dal genero che rimase con lui fino alla fine. Dopo esser rimasto vedovo Arthur Bell tornò infine in Irlanda, lasciò la chiesa e si sposò con una prima cugina che aveva bisogno di una spalla cui appoggiarsi. Dedicò la propria vita alla memoria della moglie, protesse la vita sua e dei cognati (e probabilmente molto materiale per questo è andato perduto) e morì fissando il ritratto della moglie morta cinquant’anni prima di lui.

Per chi volesse le biografie in lingua italiana, che io conosca, sono due: “Charlotte Brontë, una vita appassionata” di Lyndall Gordon, davvero ben documentato e interessante e “La vita di Charlotte Brontë” di Elizabeth Gaskell. Quest’ultimo, decisamente più datato, soffre del punto di vista dell’autrice, ostile al reverendo Brontë e della reticenza su alcune parti. L’autrice infatti non indaga molto sulla Cowan Bridge School, tace dell’amore di Charlotte per Hèger e della sua infatuazione per il suo editore. Nel tentativo di non oscurare l’immagine di donna brillante, ma pressoché perfetta, la Gaskell glissò su diverse cose, anche in accordo con il Reverendo. Per altro il testo, almeno nella mia edizione, non è di facile lettura a causa dello stile datato.

Le sorelle Brontë ritratte da Patrick Branwell
Le sorelle Brontë ritratte da Patrick Branwell (circa 1834); da sinistra a destra Anne, Emily e Charlotte. Branwell originariamente era fra Emily e Charlotte, ma si cancellò dal quadro. National Portrait Gallery. Fonte: wikimedia commons.

Fonti bibliografiche:
  • “Charlotte Brontë, una vita appassionata” di Lyndall Gordon, Fazi 2016
  • “The Brontë myth” di Lucasta Miller, Vintage, Londra 2002
Musiche di sottofondo usate per la puntata:
  • Notturno Op.9 n°1” di Fryderyk Chopin, interpretato da Simon Hervé (Simonbzh).
  • Susan” di Vvsmusic, per la parte dei ringraziamenti.

Entrambi i brani sono sotto licenza Creative Commons e liberamente ascoltabili o scaricabili su Jamendo.

Donne fra stregoneria e santità

Spesso il nostro podcast si è occupato di donne, questa volta non ci siamo soffermati su una o più figure particolarmente note, ma abbiamo fatto una puntata-riflessione sulla condizione femminile e sul suo rapporto fra santità e stregoneria.

Non occorre andare troppo indietro per tornare a tempi in cui le donne erano considerate “inferiori” (il delitto d’onore è stato abolito non tantissimi anni fa e la “fuitina,” ancora negli anni sessanta, era spesso un comodo modo per dire “stupro” senza pagarne il prezzo). Per molti secoli le donne sono state incatenate, imbavagliate, vendute, private di ogni diritto legale o civile che fosse (quando, a dire il vero, del “diritto” esisteva a mala pena la nozione); a una donna restavano poche scelte: o viveva la vita che la società aveva preparato per lei o, in un qualche modo, se ne tirava fuori. Due categorie hanno scelto di rompere, a modo loro, le barriere: le sante e le streghe.

Coloro che abbracciavano la via della santità si tiravano fuori da matrimonio e maternità, si autoesiliavano spesso dal mondo tentatore, si fustigavano  per pagare il dazio del nostro peccato di nascita, si privavano del cibo per fare penitenza, ma in definitiva erano libere. Cambiavano catene imposte con altre che si erano scelte da sole e, in un mondo dove le donne non avevano scelta, era cosa non da poco. Spesso sotto l’occhio dell’Inquisizione (curiosamente furono più spesso le sante dei santi ad essere inquisite) vissero una vita dura, tribolata, spose di Nostro Signore Gesù Cristo, che avevano abbracciato liberamente e spesso contro il parere della famiglia.

Nel rovescio della medaglia troviamo le streghe, spesso donne nate con un marchio sociale imposto già alla nascita (una famiglia problematica, una qualche particolarità fisica…) e in contesti poveri, spesso lasciate sole a sbarcare il lunario, altrettanto spesso custodi di saperi antichi e, in definitiva, le figure perfette su cui poter posare gli occhi e pensare “è una strega”; e se tutti lo pensavano perché non esserlo? Perché non dare alle proprie fatiche, dolori, pericoli, sofferenze il sapore del potere derivante dall’essere una strega? Perché non essere colei che salva o  maledice i raccolti e le greggi? Se proprio si doveva essere una outsider tanto valeva farlo secondo le proprie regole e convinzioni.  Spesso ambasciatrici di un paganesimo che andava morendo, soffocato dal cattolicesimo, le streghe andarono incontro al rogo o alla ruota pur di vivere libere dalle catene della società. Anche loro scelsero catene diverse, ma proprie, con cui vivere la vita.

Che guarissero o uccidessero, che salvassero o dannassero, che vedessero il Cristo che mostrava loro ammiccante il costato o che credessero di far l’amore col Diavolo, che pensassero di volare o di levitare poco importa; furono, comunque, vittime di una società che di donne dotate di un minimo di indipendenza non ne voleva sapere. Sorelle nel loro martirio, vissero e morirono, se non altro, a modo loro.


Fonti bibliografiche:
  • “Sante medichesse e streghe nell’arco alpino; atti del Convegno Università Popolare Val Camonica-Sebino 24-25 aprile 1993”, a cura di Roberto Andrea Lorenzi, Praxis 3, 1994.
  • Massimo Prevideprato, “Le streghe del Tonale”, editrice S.Marco, 1976
  • “Ci chiamavano streghe – la caccia alle streghe nelle valli alpine e in Italia nei secoli XVI e XVII; atti del convegno ‘Incontri Tra/Montani’ edizione XVIII”, Edizioni Giuseppe Laterza, 2008.
Musiche di sottofondo utilizzate in questo episodio:
  • Una notte sul monte Calvo” di Modest Mussorgsky, interpretato dalla Skidmore College Orchestra diretta da Anthony Holland (brano in pubblico dominio);
  • Susan” di Vvsmusic, per la parte dei ringraziamenti (licenza creative commons);
  • Hyperfun” di Kevin MacLeod (incompetech.com) per le papere finali (licenza creative commons).
Immagine di copertina:

Depart pour le Sabbat” (1910), di Albert Joseph Pénot. Fonte: Wikimedia Commons.


Foto scattate durante la registrazione:
Registrazione dal vivo a Pejo (1 di 3)
Registrazione dal vivo a Pejo (1 di 3)
Registrazione dal vivo a Pejo (2 di 3)
Registrazione dal vivo a Pejo (2 di 3)
Registrazione dal vivo a Pejo (3 di 3)
Registrazione dal vivo a Pejo (3 di 3)

Le foto sono di Alessandro Cabrini.

Rodolfo d’Asburgo

L’erede al trono di uno dei più grandi Imperi d’Europa.

Quest’episodio nasce come una sorta di preludio ad altri che, più avanti, dedicheremo ai suoi genitori.  Abbiamo deciso di cominciare da lui perché Rodolfo ebbe una vita travagliata, frutto della vita problematica della madre e dell’altrettanto problematico matrimonio dei suoi genitori che ebbero dunque una vita famigliare parecchio burrascosa. Tutti questi travagli interni incisero profondamente su quest’uomo che, nonostante fosse uno dei più ricchi d’Europa, crebbe infelice e privo di un solido equilibrio interiore.

Il paragone fra lui e il padre è quasi sconvolgente: tanto Francesco Giuseppe fu pragmatico e privo di grandi guizzi interiori, quanto suo figlio si collocò, quasi, all’estremo opposto.  Rodolfo fu più figlio di sua madre, per ironia della sorte Elisabetta si occupò pochissimo di lui e dell’altra figlia, presa com’era a occuparsi di sé stessa e dei fantasmi che la perseguitavano. La vita e la morte di Rodolfo sembrano essere il frutto di una tempesta perfetta, se anche uno solo di questi fattori fosse mutato, forse avremmo avuto un risultato diverso. La sua morte provocò, per altro, una crisi dinastica molto grande e, senza entrare nel gioco delle parentele, alla fine si andò a pescare un pronipote la cui tragica morte nel 1914 a Sarajevo portò allo scoppio della Grande Guerra.

Scegliendo la foto per la copertina abbiamo notato come Rodolfo abbia sempre uno sguardo triste e anche più triste è che nessuno abbia mai teso una mano. Tutte le teorie sulle nevrosi e le psicosi dovevano ancora formarsi; essere divorati da qualcosa cui nessuno sapeva dare un nome, perché un nome non esisteva, deve rendere la cosa anche più terribile. E per ironia della sorte i suoi genitori, che mai lo provarono a comprendere da vivo, si ammantarono di lutto, un lutto probabilmente sentito, dopo la sua morte, anzi la sua dipartita segnò la fine del matrimonio, già traballante, fra Francesco Giuseppe ed Elisabetta.

Se capitate a Vienna andate nella Cripta dei Cappuccini; il sarcofago di Rodolfo, che io ricordo ancora piuttosto lustro, si trova a lato di quello del padre (dall’altro riposa Elisabetta). Padre, madre e figlio, che mai seppero stare vicini in vita lo sono nell’eternità.


Fonti bibliografiche:
  • “Sissi” di Brigitte Hamann, Tea 2011 (ristampa)
  • “Francesco Giuseppe” di Franz Herre, Rizzoli 1990
Musiche di sottofondo usate per la puntata:

Entrambi i brani sono sotto licenza Creative Commons e liberamente ascoltabili o scaricabili su Jamendo.

Dietro e davanti la macchina da presa: Alice Guy-Blaché e Florence Lawrence

Due grandi donne del cinema muto: la prima regista e la prima persona a vedere il proprio nome sul cartellone di un film.

Con questa puntata balziamo in avanti facendo un’incursione nel mondo del cinema. Intanto mi devo scusare per aver pronunciato “all’inglese” il nome e il primo cognome di Alice Guy-Blaché e non alla francese come ha fatto giustamente Davide.

A questa figura ci siamo avvicinati su richiesta di un’ascoltatrice e, data la mia passione per il muto, non è stato faticoso esaudirla. La sua era una figura che non conoscevo, ed è stata davvero affascinante da scoprire, benché abbia condotto una vita priva di particolari guizzi, non di meno ha posto una pietra miliare nella storia del cinema col suo lavoro da regista, sceneggiatrice e produttrice.

Abbiamo quindi cercato qualcuno che davanti alla macchina da presa ci fosse stato e abbiamo scelto Florence Lawrence. Il fatto che a lei si debba la nascita dello star system è stato il motivo principale, il fatto che abbia poi perso tutto è stato un motivo aggiuntivo di non poco peso. Ieri, forse più di oggi, il cinema portava dalla piena luce alla più totale oscurità, per la fine della propria carriera, per scandali o dissesti economici. Certo non per tutti fu così (Mary Pickford visse serena anche dopo aver smesso di lavorare), ma  la lista delle “vittime” dello star system è lunga e triste. Quella di Florence ci sembrava una storia interessante.

https://www.youtube.com/watch?v=UhN8xTq_1WY

Questi sono i due film citati, il primo è “La Vie du Christ” e il secondo “Voyage Dans la Lune”, in tutto durano meno di un’ora e valgono il tempo che ci vuole. Il secondo è considerato il padre di tutti i film di fantascienza, ma, al di là delle etichette è bello nel suo essere estroso. Il primo è decisamente meno estroso, ma i fondali, le scene con le comparse e le scenografie sono di pregio rispetto all’epoca in cui fu realizzato.


Fonti bibliografiche:
  • Mc Mahan Allison “Alice Guy-Blaché: Lost Visionary of the Cinema”  Continuum 2002
  • Brown R. Kelly “Florence Lawrence, the Biograph Girl” Mc Farland 2007
Musiche di sottofondo usate per la puntata:

Entrambi i brani sono sotto licenza Creative Commons e liberamente ascoltabili e scaricabili da Jamendo.com.